Appare difficile mettere d’accordo i pro o contro caccia sull’utilità, la necessità della caccia, o al contrario sull’inutilità di andare avanti con un attività venatoria che nei tempi moderni sembra perdere significato vista la riduzione sia degli spazi naturali che delle risorse trofiche.
Detto questo dunque, non voglio entrare nel dibattito pro o o anti-caccia, dico solo che dovrebbero essere gli stessi cacciatori i primi a voler interrompere l’attività venatoria per mantenerla sana e soprattutto continuare ad esercitarla nei tempi futuri. Dovrebbero dare il tempo alla fauna selvatica di riprendersi dallo stress ambientale (incendi, siccità con conseguente limitazione delle risorse trofiche, riduzione degli spazi naturali, eccessiva pressione venatoria). Basteranno dieci anni?
Quale grande impresa venatoria rappresenta sparare su animali usciti da una gabbia mezz’ora prima o al più tardi pochi mesi prima, o su animali stremati da fame e sete? Animali a cui devi dare un calcio nel sedere per farli volare via – “ha frullato, ha frullato!” Che senso ha spargere nell’ambiente polpette avvelenate per uccidere le volpi e lupi nonché cani e altri onnivori indiscriminatamente – per non mangiare la selvaggina allevata in gabbia e appena liberata (il cosiddetto “ripopolamento”)?
I veri cacciatori sono senza dubbio contro la pratica delle polpette avvelenate, ma non vedo da parte di nessuno di loro una determinazione a eradicare questa pratica criminale.
Riguardo agli ambienti naturali necessari per consentire alle popolazioni naturali di riprodursi il problema è ovviamente estremamente complesso. Molti ambienti sono scomparsi per sempre, (ad esempio le zone umide sono ormai ridotte a pochissime aree e questo comporta un impatto non irrilevante sulla biodiversità, molte specie di anfibi sono ormai pezzi da museo e con loro tutti gli animali grandi e piccoli ad essi legati hanno subito drastiche riduzioni o incrementi esponenziali) con i relativi impatti sulla flora e la fauna.
Il tentativo di recuperare un ambiente quasi-naturale con i grandi parchi è complesso e spesso è vanificato dalla presenza nelle aree immediatamente circostanti di attività umane poco o per niente compatibili con la presenza di animali selvatici. L’Italia non ha più i grandi spazi necessari e fare convivere lupi, orsi e altri piccoli o grandi predatori, indispensabili per la salute dell’ecosistema, con una popolazione umana ormai incapace di trovare un giusto mezzo tra la proprie abitudini e quelle delle specie selvatiche è operazione estremamente complessa; spesso gestita a livello burocratico/politico da incompetenti dal punto di vista ecologico/naturalistico.
Riguardo a questa caccia moderna in un ambiente snaturato, cito un amico cacciatore che diceva questo: “ho smesso trent’anni fa. Oggi non ha più senso perché non ci sono più gli animali selvatici, non c’è più l’ambiente. L’abbondanza di cibo è cosi grande che andare a caccia per mangiare non ha più senso e men che meno ne ha sparare per divertimento a quei pochi superstiti rimasti”.
Diversi conoscenti vanno ancora a caccia con il fucile, ma in realtà tornano con i funghi dicendo
“si ho visto un paio di uccelletti ma poi manco ho puntato il fucile, non ne valeva la pena! Però ho trovato un cesto de porcini, guarda quanto so belli!!!” Se sparano una starna all’anno e già tanto. Uno ha trovato un lattonzolo di cinghiale e lo ha fatto crescere in un recinto. Lo accarezza.
Quando facevo le foto dei raduni di caccia, avevo sempre un ottimo rapporto con i cacciatori, comunque nonostante l’attività venatoria possa risultare attraente per gli amanti del bosco e della vita naturale, questa caccia di oggi sembra fuori contesto e del tutto innaturale. Fa persino un po’ pena vedere gente sparare su quaglie e starne che riescono appena ad alzarsi per qualche decina di metri dopo un calcio nel sedere – altrimenti non si alzano neppure tanto sono abituate a stare in gabbia. Il tiro al piattello sarebbe decisamente più dignitoso per tutti uomini e animali! Entri in questi pezzetti di macchia rimasti tra due strade asfaltate, poi trovi il capannone di qualche attività agricola o artigianale in fondo al campo di destra, a sinistra magari un recinto di pecore… magari ci fosse ancora il paradiso di una volta – la campagna degli anni cinquanta, la stoppia, i casali agricoli. Ormai i cacciatori girano impunemente nei giardini (ho diversi amici che durante la stagione di caccia vivono barricati per via delle fucilate) in mezzo alle villette rosa di quarzo-plastico.
Io invito il cacciatore – non lo sparatore, quello è irrecuperabile – all’introspezione. Inutile argomentare come successo di recente che si può sparare ai migratori nonostante gli incendi perché vengono dall’Africa e loro sono abituati a quelle condizioni di siccità e scarsità di acqua. O di sentirsi soddisfatti perché si è decretato che non si può sparare nelle zone sinistrate – per forza, non c’è più niente nelle zone incendiate!! E nelle zone non incendiate dove gli unici disastrati superstiti si rifugiano, si caccia. Così non sopravvivono neppure i superstiti, vorrà dire che il prossimo anno e quelli a venire invece di andare a caccia potranno dedicarsi al soft air!!
Con un minimo di logica dovrebbero essere proprio i cacciatori (se vogliono continuare a cacciare in futuro) ad occuparsi e preoccuparsi di tutelare quel poco che è rimasto, rimettere gli autori delle minchiate al loro posto, e assicurarsi che ci sia un minimo di dignità (compreso vigilare sui dispensatori di polpette avvelenate) nell’esercitare questa attività, che viene rivendicata come antica, e che di fatto lo è, ma che veniva esercitata in contesti storico/ ambientali molto diversi da oggi.
Adesso una parentesi che riguarda me. Nonostante le incongruenze suddette, non ho mai considerato male i cacciatori. Molti erano dei simpaticoni amanti della vita all’aria aperta – molto più di tanti animalisti e ambientalisti da poltrona – e avevano tra l’altro la capacità – non come tanti di noi che mangiano carne – di uccidere e macellare il proprio cibo. Un’azione che presenta certamente una maggiore coerenza e, per certi versi un trattamento di maggiore “riguardo” nei confronti dell’animale che almeno ha condotto una vita libera e naturale (a parte quelli allevati per il ripopolamento) prima di essere ucciso non certo paragonabile a quella degli animali di allevamento intensivo che praticamente non vivono fino alla morte. L’allevamento intensivo è una vergogna per la società moderna ipocrita! Ci sarebbe molto da dire su questo tema.
Li piaceva mangiare, bere, scherzare. Mi divertivo a frequentarli dunque anche se dopo un po’ mi stancavo di sentire la ripetizione dei temi caratteristica di qualsiasi gruppo di fissati di un attività specializzata (ciclisti della domenica, fotografi, collezionisti di francobolli ecc.). Qui si parlava di doppiette, di cartucce di cani che puntavano, di quante quaglie ammazzate,…
Ritorniamo al tema: i cacciatori del 21esimo secolo! Il mio rispetto nei confronti dei cacciatori che pur praticando un’attività che non condividevo pienamente, presentavano ancora una certa coerenza ha cominciato a venire meno quando molti di loro hanno cominciato a praticare il turismo venatorio. Branchi di Italiani che in assenza di selvaggina vera – quasi eradicata in Italia – vanno a eradicare la selvaggina in Romania, in Islanda, in Tasmania, Bosnia, o ovunque nel mondo, per soddisfare quello che uno chiamava “l’istinto di caccia” o giusto per sparare (ammazzare?) e divertirsi nella natura che qui non c’è più, tornando poi indietro con inutili trofei o con a volte decine (quando non centinaia) di cadaveri che finiranno spesso per un tempo indeterminato in un congelatore (a volte fino al momento di essere reputati non più commestibili). Questo è imperdonabile e dimostra che alcuni hanno perso la strada. Lo scopo non è più mantenere la tradizione (“mio padre” dicevano spesso), il confronto tra predatore e preda in una “singolar tenzone” con una etica e delle regole ma un mero sfogo di frustrazione omicida, una sorta di “raptus sparatorio” che nulla ha a che vedere neppure con lo sport (e ho qualche perplessità a definire sport un’attività che comporta l’uccisione di un altro essere vivente). Volendo continuare quell’attività che dicono di amare tanto, arrivano a una totale mancanza di rispetto per l’ambiente che è la fonte primaria e l’essenza della loro “hobby/passione”, e del nostro stesso sostentamento (visto che siamo quasi sette miliardi direi che forse dovrebbe essere la nostra prima preoccupazione). Volendo continuare le attività all’aria aperta, potrebbero fare trekking, caccia fotografica, caccia con lancia, arco e freccia di una volta. O allora andare a vivere in uno di questi paesi dove tutto non è distrutto (per poco tempo sembra) e così diventare cacciatore legittimo.
Altra fonte di forte disistima nei confronti di chi pratica l’attività venatoria è rappresentata dalla pratica di spargere polpette avvelenate per eliminare i possibili predatori dei tanto preziosi animali reimmessi, troppo intontiti per sopravvivere in natura, meno avvezzi dei polli da aia alla vita libera. Le polpette mi hanno avvelenato 3 cani a fine febbraio, di cui uno morto, e fruttatto un conto veterinario di 1500 euro…… Era zona di caccia, sebbene fosse già chiusa in quel momento ….. “Vi volevo avvertire! Non sciogliete i cani che hanno fatto il ripopolamento e messo le polpette. Eravate già troppo lontano”. Questa confessione fornita da un locale quando riportavo a braccio uno dei cani già semisvenuto dimostra una cosa: in zona si sapeva, si sapeva chi e quando ma ovviamente non mettono cartelli per pubblicizzare un reato penale!!!!
Invito chi si definisce cacciatore (anche gli sparatori si autodefiniscono così ma li escluderei da qualunque discorso razionale) e quindi in grado di comprendere quanto l’attività venatoria sia intimamente legata al rispetto natura e dei suoi tempi di rigenerazione, a riflettere sulla opportunità di una caccia esercitata in questo modo nel 21esimo secolo.
Approfondimenti sul turismo venatorio:
http://www.ilcacciatore.com/2012/12/05/caccia-in-aumento-il-turismo-venatorio/
Approfondimenti sui bocconi avvelenati:
http://www.lav.it/cosa-facciamo/cani-e-gatti/bocconi-al-veleno
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